Chi di noi almeno una volta nella vita non si è lasciato tentare dallo spiare una chat sullo smartphone del proprio partner alla ricerca di qualcosa di sospetto o di quell’ambiguo like?
Se non lo hai mai fatto è perché forse sei chiuso in convento avendo trovato l’amore, quello sì, che non tradisce. Oppure sei solo più prosaicamente un single incallito (per scelta… tua o più realisticamente degli altri). Ma per chi ha rimesso il proprio cuore nelle mani di qualcun altro abbandonarsi a quella lancinante curiosità che ti pervade dentro è di certo un afflato difficile da soffocare.
Eppure, ti sei mai chiesto cosa possa suscitare un simil incauto gesto?
Ebbene ora che conoscerai quali possano rivelarsi le conseguenze in diritto, oltre che in fatto, potresti desistere (forse) dal misfatto. Ed infatti, quell’ancestrale masochismo che ci porta a curiosare nei meandri più reconditi dello smartphone del nostro partner non solo ci espone a quell’amara verità (a cui sfugge solo chi non sa) di non avere l’esclusiva nei desiderata di lui/lei e quindi a riscoprirsi con un pungente copricapo. Ci espone, anche e soprattutto, e forse ancor più tristemente, a guai processuali a cui si farebbe volentieri a meno.
Spiare chat: in concreto a che cosa si va davvero incontro?
Un recente ma ormai invalso orientamento della Corte di Cassazione ha stabilito che spiare le conversazioni sullo smartphone del partner o di qualunque altra persona è reato.
In sostanza, chi, senza il permesso del legittimo proprietario, legge email, chat, sms ed ogni altro tipo di informazione, potrebbe ritrovarsi imputato di una serie di reati. Questi vanno dalla violazione della privacy all’accesso abusivo a sistema informatico, fino ad arrivare, in alcuni casi, persino al delitto di rapina se la sottrazione del cellulare o di altro dispositivo informatico avviene dietro minaccia o violenza, ad esempio strappandolo di mano al legittimo proprietario.
Un eccesso di gelosia dunque potrebbe costare caro, molto caro se si pensa che le pene previste per i suddetti reati vanno da un anno di reclusione a salire. Senza contare le richieste di risarcimento danni che possono esser vantate in sede civile.
Perché non si può spiare la chat?
Se ti stai chiedendo il perché di tale intransigenza normativa a fronte di quel “semplice curiosare/spiare” devi sapere che il diritto alla segretezza della corrispondenza è sancito dalla nostra Costituzione all’art.15 come principio supremo e inviolabile, la cui limitazione può avvenire solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
Che la chat oggetto della tua curiosità sia su WhatsApp, Messenger, Instagram, o qualunque altra app di messaggistica o social network poco cambia. Sono tutte forme di corrispondenza e per quanto tali tutelate da accessi non consentiti.
Non è, difatti, lo strumento usato a rendere segreto o meno il contenuto, ma la forma della sua spedizione, riservata e non pubblica.
Chi si intromette nella posta elettronica altrui oppure in una chat privata commette il reato di violazione della corrispondenza alla stessa stregua di chi apre una busta cartacea chiusa con indirizzo altrui.
Ma io conosco il codice di sblocco o le credenziali di accesso dell’account!
Qualcuno credendosi più furbo potrebbe magari eccepire la supposta libertà di “spionaggio” sol perché a conoscenza del codice di sblocco del cellulare o delle credenziali di accesso dell’account oggetto di curiosità.
Ebbene dovrà ricredersi sulla propria furbizia. Secondo la Cassazione il fatto di essere a conoscenza del codice di sblocco dell’altrui telefonino non legittima affatto ad accedervi in difetto del consenso del relativo titolare.
Il punto è che quando si entra nella sfera privata altrui si commette sempre reato, sia o meno necessario usare una password di accesso.
Ma se Parigi val bene una messa, un assegno di mantenimento non val bene un illecito
Se infatti avevi pensato di trovare la prova del tradimento della tua consorte nel cellulare o nel computer per sostenere la causa di separazione per ottenere l’addebito e conseguentemente un cospicuo assegno di mantenimento, anche in questo caso sappi che prenderai un granchio.
Questo perché le prove illegalmente acquisite non possono essere utilizzate in processo a sostegno di una causa di separazione. Lo ha rilevato in una sentenza la Suprema Corte sottolineando, appunto, che non si può leggere, né tantomeno copiare, quanto scritto in una chat dalla propria moglie per depositarne poi il contenuto in copia nell’ambito della causa di separazione.
Il risultato che ne consegue è che il “cornuto” sarà anche “mazziato” non potendo dimostrare il tradimento, né la moglie – a questo punto “ex” – subirà l’addebito. Anzi, potrà addirittura ottenerlo, il mantenimento, se non ha un reddito sufficiente per vivere da sola.
E dato che le sventure, si sa, non arrivan mai da sole il pover’uomo (oltreché cornuto) si troverà denunciato per l’accesso al telefonino altrui con la concreta eventualità di subire una condanna penale.
Spiare chat, anzi ficcare il naso negli affari della dolce (o amara?) metà, insomma, sembrerebbe esser sempre e comunque doppiamente controproducente. Se infatti il rischio di ritrovarsi col cuore infranto è una possibilità, quello di ritrovarsi con la fedina penale non più immacolata è una certezza.