Quest’estate ce ne andremo al mare, Con la voglia pazza di remare, Fare un po’ di bagni al largo…
Cantava così Giuni Russo nel 1982, e la voglia di vacanza, di rosolarsi al sole si era già consolidata da qualche decennio.
In questo 2020, le agognate vacanze sono un po’ una chimera o un vicino traguardo, ma tralasciamo gli aspetti già sentiti, e capiamo quando la vacanza al mare, e la rispettiva abbronzatura sono divenute un fenomeno modaiolo.
Il bisogno di staccare
Il fenomeno di stare al sole a rosolarsi è un fenomeno relativamente recente. Il concetto di vacanza, di staccarsi dalla propria, chiamiamola aristocratica “routine”, si delinea con i gran tour europei dell’ottocento; anche se, la voglia di passare del tempo verso un’altra residenza estiva, era radicata già negli antichi romani.
Un esempio vicino e noto, si colloca intorno alla corte francese di Maria Antonietta; la regina francese e i suoi cari amici passavano le estati nella residenza estiva del Petit Trianon. Qui indossavano abiti dai tessuti leggeri, con atmosfere più bucoliche.
Il gusto di godersi l’atmosfera trasognata dei giardini, o l’ambiente spiaggia in un abbigliamento più comodo inizia a tratteggiarsi.
Gli stabilimenti balneari
Nei primi anni dell’Ottocento, la spiaggia e il mare erano consigliati dai medici per la salubrità dell’aria; iniziano in questo periodo a nascere i primi stabilimenti balneari per i villeggianti. Un emblematico esempio è il Bagno Nettuno a Viareggio. Questo stabilimento balneare ha ospitato personaggi illustri della società italiana, da Puccini a Gasman.
Lo Stabilimento balneare Bagno Nettuno, tutt’oggi attivo, è nato nel lontano 1864, e si configura come il primo lido Balneare pubblico d’ Italia, e soprattutto è il primo aperto a uomini e donne.
L’esempio dello stabilimento ci aiuta a comprendere dell’attrattiva verso la balneazione. In primis furono gli aristocratici a recarsi verso le mete salubri marine, successivamente la graduale emancipazione economica della ricca borghesia, portò questa nascente classe sociale a godere delle delizie balneari.
Come ha influenzato la moda la nuova attrattiva mare?
Se l’attrattiva verso le località balneari si fa sempre più pressante, la moda mare legata a questi contesti evolve, ma in maniera graduale.
È bene sottolineare che almeno fino agli anni venti del Novecento, ci si riparava dal sole in maniera estenuante. Le orde di ombrelloni colorati in spalla ad aiutanti mariti non erano nemmeno contemplati. Le nobildonne o ricche borghesi erano solite portarsi dietro un ombrellino parasole.
Dagli ombrellini parasole agli ombrelloni
Gli ombrellini parasole erano di fattura estremamente pregiata, e spesso erano un continuum dell’abito. Realizzati con sete, merletti ed impreziosisti con pietre preziose; i manici potevano essere di avorio, madreperla o persino in oro e argento. Le dimensioni e lo spessore del “telo” potevano variare a seconda dell’ora del giorno e della gradazione della luce.
Questa maniacale attenzione era un riflesso della società. Il concetto di abbronzatura non era conosciuto, o meglio non contemplato. Mantenere la pelle chiara, diafana era il primo segno di distinzione sociale. Abbronzatura era sinonimo di classe operaia, la pelle imbrunita dal sole era il segno della classe lavoratrice dei campi. Diktat dell’epoca: se ricco vuoi apparire, la pelle devi coprire!
Il fenomeno abbronzatura
Dopo secoli di pelle pallida, tutto cambia nei ruggenti anni venti. Già affermata stilista, fondatrice dell’omonimo e iconico marchio, l’artefice del lato glamour della pelle- baciata- dal -sole si deve a Mademoiselle Coco Chanel.
Antesignana dei nuovi tempi, Chanel aprì la boutique di moda a Deauville in Gontaut-Biron, località balneare della Normandia. Gli stilisti della Belle Époque con i loro baldanzosi abiti, le acconciature pretenziose, vennero sbalzati dai freschi abiti in jersey, i capelli corti e l’abbronzatura.
Reinventò i capi classici dello stile marinaresco: camicie a righe, pantaloni da marinaio, e completi da spiaggia, arricchiti con le immancabili camelie e perle. Uno stile vacanziero iniziava a farsi strada.
Un’ abbronzatura più democratica
La vacanza è stata percepita in maniera differente. L’avvento delle due guerre ha gradualmente ridotto quel aspetto elitario delle vacanza al mare.
Durante il fascismo sono introdotte le così amate/odiate ferie di Ferragosto. Riallacciandosi alla tradizione romana dei festeggiamenti in onore della fine dei racconti e dell’assonanza con la festa Cristiana dell’Ascensione della Vergine Maria, furono introdotti i treni popolari.
In quei giorni le tratte erano scontate e le famiglie potevano recarsi in villeggiatura.
È però con i gloriosi anni sessanta che il concetto di villeggiatura si radica nelle mente degli italiani. L’avvento del boom economico, la diffusione dell’automobile e la maggiore spensieratezza spingono a vivere le spiagge.
Cambiano così i modi di vivere la spiaggia. Chi non può permettersi le cabine, si attrezza con ombrelloni e sdraio. Il cibo al sacco permette di mangiare in riva al mare. I lidi si attrezzano con le balere o in terrazza con la musica dal vivo, non proprio un dj set con spritz in mano, ma il sentore dell’happy hour in spiaggia era nell’aria.
E i costumi al mare?
Parallelamente all’idea di nuovo modo di vivere le vacanze, si evolve il costume da bagno. Per tutto l’Ottocento per immergersi in acqua si indossavano abiti in lana, con maniche a sbuffo, dalla vita sottile e lunghi fino al ginocchio. Sotto erano sempre presenti pantaloni alla zuava.
Con il graduale abbandono della moda ottocentesca, vengono dismessi gli scuri e pesanti pantaloni.
I costumi da bagno assomigliano a sottane con taglio all’impero. A partire dagli anni trenta che il costume prevede un corpo unico, una tutina aderente o due pezzi composto da canotta e pantaloncini. Uomo e donna hanno costumi pressoché simili.
I materiali più usati sono seta e jersey. Al seguente link potete visionare un video dell’Istituto Luce Cinecittà sull’evoluzione dei costumi da bagno negli anni trenta.
L’esplosiva comparsa del bikini
La rivoluzione arriva con il bikini. Non è la prima comparsa nella storia del costume, nel link all’articolo Il bikini: Alla scoperta del più antico della storia potete vedere la prima rappresentazione del costume da bagno.
Il costume ideato dal sarto francese Louis Réard a Parigi nel 1946 e introdotto ufficialmente il 5 luglio, era una rielaborazione del modello “Atome” dello svizzero Jacques Heim, così chiamato perché era il costume più piccolo del mondo, e all’epoca era l’atomo la particella più piccola conosciuta.
Il bikini di Reard deve il suo nome all’atollo di Bikini nelle Isole Marshall, sede di esperimenti nucleari statunitensi, per il sarto l’introduzione del nuovo tipo di costume avrebbe avuto effetti esplosivi nella società.
In effetti, fu vietato nei maggiori stati europei e negli Stati Uniti. Fu solo con l’avvento di Brigitte Bardot che lanciò la moda del costume in Costa Azzurra e far esplodere il fenomeno bikini in tutto il mondo. Dagli anni sessanta le maggiori testate di moda misero in copertina attrici e modelle in bikini, “legittimandone” l’ascesa.
Moda- mare Oggi
La connotazione di moda, che più ci è familiare, pose le basi all’epoca. Successivamente, l’avvento di tantissimi modelli: triangoli, tankini, monokini ha garantito la più ampia scelta in base al proprio fisico e ai propri gusti.
La moda attuale ha previsto un revival del costumi interi, anche se in alcuni casi, svelano più di un semplice bikini. La moda alta anni ‘50 si rivede in costumi dalle linee vintage sia maschili che femminili. Sono un must have della stagione PE 2020, gli slip sgambati anni ‘90, bellissimi su un fisico atletico e tonico! Vedasi le aitanti modelle sui profili social.
E noi comuni mortali?! Scegliamo il modello che più ci piace e ci sta bene, stendiamo un filo di crema protettiva e prendiamo il sole.
La pelle pallida con costante ombrellino al seguito è un tantino esagerata, ma sarebbe da evitare anche di abbrustolirsi. L’effetto calamaro fritto oleato non sarebbe piaciuto neanche alla plebaia.
Foto di Steve Bidmead da Pixabay