Il corteggiamento pressante e non gradito configura il reato di molestie. Il corteggiatore fastidioso può essere denunciato.
Quando a “far il filo”… si fila in tribunale!
Stanca di ricevere continui messaggi e avances da corteggiatori petulanti e oppressivi? Il tuo spasimante non demorde e insiste imperterrito a subissarti di attenzioni non gradite e finanche moleste?
Se averlo bloccato su tutti i social non è bastato e avergli chiarito con le buone che è meglio andare a nidificare altrove, allora occorrerà cambiare strategia e iniziare ad usare la mano pesante.
Non certo la mano del cugino forzuto o del fidanzato geloso, s’intende! Bensì, a potersi percorrere sono le vie legali.
Le conseguenze di un corteggiamento sgradito
Ebbene, il seccatore, secondo quanto chiarito da una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7993 del 1° marzo 2021), ben potrebbe trovarsi imputato e di poi condannato per reato di molestie ai sensi dell’art. 660 c.p.
E difatti, salvi i più gravi casi di veri e propri atti persecutori che inducono nella vittima stati d’ansia tali da modificare le proprie abitudini di vita e per i quali è configurabile il reato di stalking, delle avances asfissianti, volgari e sgradite fanno scattare in capo al suo autore la responsabilità per il reato di molestie, punito con l’arresto fino a sei mesi.
Ma quando un corteggiamento insistente e sgradito può esser denunciato?
Se in un primo momento potrebbe anche far piacere sentirsi adulati e ricoperti di attenzioni (ammesso che il pretendente non sia un congiunto della famiglia Addams), ogni qual volta il corteggiamento diventa ossessivo e molesto si può denunciare.
Saluti insistenti e confidenziali, incontri non casuali ma cercati, continui commenti a storie Instagram, assillanti squilli o messaggi vari, l’invio di fiori (quando va bene) o di selfie hard (quando va male) con il vano intento di avviare conversazioni a sfondo erotico, nonché soste ed appostamenti sotto casa.
Sono tutti elementi e circostanze, queste, che vanno ben al di là del tentativo di conquista (oltre che di buon senso) ma che sfociano oggi in un vero e proprio reato. Una serie di contegni che, di per sé, non avrebbero alcuna valenza criminosa ma che la assumono quando caratterizzati da una maniacale ripetitività nei confronti di una persona che non gradisce, rendendola insopportabile.
In altre parole, compiere un’intromissione continua e sgradita nella vita della persona (amata?) significa ledere la sua sfera di libertà.
E sia chiaro, il reato sussiste anche in assenza di atteggiamenti aggressivi o in qualsiasi modo violenti. Per denunciare, dunque, è sufficiente che si subisca una significativa ed effettiva intrusione nella propria sfera privata in una misura tale da poterla assurgere a molestia o disturbo.
ALERT per i novelli Casanova: quando è meglio fermarsi?
Per la serie consigli non richiesti, ma quanto mai opportuni, agli incauti tampinatori (o tampinatrici… il corteggiamento oppressivo non conosce disparità di genere) si suggerisce di tirare i remi in barca appena il vento si mostra contrario.
Il vecchio adagio “se insisti e resisti, raggiungi e conquisti” non sempre trova riscontro in faccende di cuore e ancor meno davanti alla legge.
Perché ci si ritrovi in un’aula di tribunale anziché nella sospirata alcova sarà sufficiente la coscienza e la volontà della vostra condotta nonché la consapevolezza che questa sia idonea a molestare o disturbare il soggetto che la subisce. Una consapevolezza che non potrà non dirsi provata allorquando l’oggetto dei vostri desiderata non manca di manifestare il proprio disappunto e malessere, e vi rende edotti di non gradire un corteggiamento così pressante e ostinato oltreché molesto e indiscreto. A fronte di siffatte rimostranze, quindi, sarà meglio non andare oltre.
Insistere con invadente arroganza non convincerà la donna, o meglio, la convincerà sì… ma a denunciarvi.