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Il sorriso: il sale della vita!

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Photo di: Kranich17 da Pixabay

Il sorriso è un’espressione facciale che manifesta serenità, disponibilità e apertura verso l’altro e rientra nel canale della comunicazione non verbale.

I canali comunicativi

La comunicazione umana si distingue in:

  • verbale, riguarda il linguaggio;
  • para-verbale, fa riferimento al modo in cui qualcosa viene detto (timbro, tono e volume della voce);
  • non verbale, riguarda i movimenti del volto, del corpo, la postura, la distanza interpersonale.

Il canale verbale trasmette informazioni circa il contenuto del messaggio, mentre i canali para-verbale e non verbale trasmettono aspetti emotivi e coloriture affettive di ciò che viene detto e interessano, soprattutto, le relazioni inter-soggettive.

Le funzioni del sorriso

Il sorriso è uno strumento essenziale nei rapporti sociali; infatti:

  • consente e sostiene la vicinanza sociale, invitando alla condivisione emotiva;
  • induce l’avvicinamento: un soggetto che sorride non è avvertito come minaccioso;
  • sopprime le minacce competitive, abbattendo l’esclusione e il contrasto.

Come si produce il sorriso?

Il sorriso si produce distendendo la bocca, incurvando le labbra e, eventualmente, mostrando i denti.

Sono implicati 12 muscoli, divisi in sei coppie:

  • elevatore dell’angolo della bocca: solleva e sposta lateralmente la commessura labiale;
  • elevatore del labbro superiore;
  • orbicolare dell’occhio: chiude la rima palpebrale;
  • risorio: distende lateralmente la commessura labiale;
  • zigomatico maggiore: spinge l’angolo della bocca verso l’alto;
  • zigomatico minore: solleva il labbro superiore (azione sinergica al muscolo elevatore del labbro superiore).

“Sorridere con gli occhi”

Il sorriso, quindi, è un atto motorio che coinvolge anche i muscoli orbicolari dell’occhio, incidendo inevitabilmente sulla nostra espressività: infatti, la profondità del livello espressivo e comunicativo dipende proprio dal nostro sguardo.

A tal proposito, distinguiamo due tipologie di sorriso:

  • piramidale: è gestito dal controllo volontario, infatti i muscoli facciali ricevono efferenze dalla corteccia motoria; il sorriso piramidale non incide sui cambiamenti dello sguardo;
  • di Duchenne: intervengono i muscoli zigomatici e orbicolari dell’occhio, attivati da efferenze non volontarie, di tipo emozionale, provenienti dalla corteccia cingolata (struttura appartenente al sistema limbico, preposto al controllo delle emozioni); il sorriso di Duchenne, oltre a distendere le labbra, rende più profondo lo sguardo.

Quanti tipi di sorriso ci sono?

Uno studio del 1924, condotto dal Carney Landis in Minnesota, ha rilevato l’esistenza di 19 tipi di sorriso.

Landis sottopose un gruppo di volontari a stimoli di diversa natura, con il fine di suscitare precisi stati d’animo (gioia, paura, pietà) e fotografò, in serie, le espressioni dei loro volti.

Dall’esperimento, emerse che solo 6 dei 19 tipi di sorriso individuati erano associati al divertimento.

L’interpretazione del sorriso

Paula Niedenthal, docente di Psicologia presso l’Università del Wisconsin-Madison, ha cercato di dare un significato alle diverse reazioni del gruppo di volontari dell’esperimento di Landis.

L’interpretazione più plausibile sembra essere che il sorriso sia un segnale di cooperazione e di non-aggressività.

In altre circostanze, invece, il sorriso può lasciar trasparire un’immagine distorta delle nostre emozioni, nascondendo stati di malessere e di disagio.

Le varie fasi del sorriso

Il sorriso è un atto innato e universale, infatti si presenta spontaneamente in tutti bambini; esso nasce come una reazione fisiologica, fino ad assumere particolari aspetti espressivo-comunicativi.

  • Nel neonato, non vi è un vero e proprio sorriso: lo stiramento delle labbra deriva da riflessi di natura nervosa dovuti a stimoli esterni (ad esempio, la nostra voce); 
  • verso la quinta settimana, il sorriso nasce dalla visione di un volto umano, ancora non ben riconosciuto dal bambino: alla distensione delle labbra si associa lo strizzamento degli occhi;
  • dal terzo mese, compare il vero sorriso sociale, che comunica un’emozione di piacere determinata dal riconoscimento di persone familiari;
  • dal quarto mese, il sorriso diventa espressione dell’individuo (riso attivo) e funge da strumento comunicativo con l’ambiente, utile per riconoscere oggetti, persone e parti del proprio corpo;
  • dopo i sei mesi, il sorriso diviene strumento di socializzazione e di selettività e comporta la comprensione anticipata di un evento (vista dei giocattoli, del biberon).

Il sistema mirror

I neuroni specchio sono una classe di motoneuroni che si attiva quando si compie un’azione finalizzata o quando si osserva la medesima azione compiuta da altri individui.

Attraverso il sistema specchio, “sentiamo” ed interpretiamo come proprie le emozioni altrui (processo empatico), elaborandole ed anticipandole e rendiamo le nostre azioni conformi e accettabili nelle relazioni sociali.

Quindi, oltre a comprendere le emozioni altrui, noi cerchiamo di ricalcarle, per apprendere, attraverso l’imitazione, l’intenzione dei comportamenti dei soggetti con cui interagiamo. Le nostre emozioni “contagiano” gli altri, e viceversa.

Quindi, anche i sorrisi posso essere “contagiosi” e generano disponibilità all’approccio relazionale; la rete comunicativa sociale è pervasa da queste influenze emotive, che sono continuamente inter-scambiate.

“I sorrisi avvicinano più dei passi e aprono più porte delle chiavi.

Ezio Bosso

Photo di: Kranich17 da Pixabay

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Andrea Longo, classe '98. Studente di Medicina e Chirurgia presso Università di Parma. Tenore lirico per passione, guarda al mondo con occhio critico e curioso.
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