Appena calato il sipario sulla kermesse più famosa d’Italia, si continua a parlare di musica con uno dei mosaici più famosi riguardante questo tema: i “Musici Ambulanti”.
Si tratta di un’opera di piccole dimensioni, rinvenuta nella Villa di Cicerone a Pompei, tra il 1749 e il 1763.
Oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, è un emblema policromo risalente al primo quarto del I sec. d.C.
Il piccolo mosaico realizzato in maniera impeccabile in opus vermiculatum è inserito in una cornice di marmo chiaro.
I protagonisti della scena sono quattro e sono dei metragyrtai, musici del culto di Cibele.
Una scena quasi teatrale
La scena è quasi grottesca, sicuramente di ispirazione teatrale, da riconoscersi tale sia per il costume che per le maschere che indossano i personaggi. I musicisti si muovono sul marciapiede, sembra danzando a ritmo della loro musica, dirigendosi verso una casa; questo lo si può notare dall’ombra del tetto sulla parte alta della parete e dalla porta d’ingresso che si intravede sul lato destro.
La scena anche se all’apparenza risulta semplice, in realtà è molto complessa: essa prende spunto dalle regole del teatro greco dove sono presenti tre protagonisti e una comparsa.
I Musici Ambulanti

Museo Archeologico Nazionale di Napoli – Mosaico e pittura dei Musici Ambulanti
Tre di loro indossano le maschere della Commedia Nuova: a destra troviamo un suonatore di timpano, il parasitos, con il naso aquilino e la fronte aggrottata, indossa una veste verde e oro e un mantello color rosa legato in vita.
Al centro il kolax, l’adulatore, intento a suonare i cembali, indossa una tunica uguale a quella del parasitos e un mantello, sempre legato in vita, color panna.
Alla sua sinistra troviamo una donna con una maschera bianca, la diamitros etaira, che suona il doppio flauto (doppio aulòs) e anche lei indossa una tunica dorata e verde.
Segue dietro di lei un fanciullo (o un nano dati i tratti del suo viso) che li osserva, intento a suonare l’aulòs.
Veste con una tunica corta sui toni del marrone ed è l’unico personaggio della composizione scalzo a non indossare una maschera.
In alto a sinistra vi è una scritta molto importante che ci fa capire l’autore del mosaico, si tratta del nome del mosaicista: Dioscuride di Samo.
Un mosaico dalla luce calda e diffusa con le ombre dei tre protagonisti che sono proiettate sia sul pavimento che sulla parete, conferendo all’opera un senso di profondità.
Infine, l’utilizzo di molti colori arricchisce tutta la composizione di molti dettagli, come i drappeggi cangianti delle tuniche e dei mantelli.
Questa ricchezza cromatica riporta ad una matrice pittorica, il mosaico infatti si rifà ad una pittura greca di Calate risalente al III sec a. C.
L’osservatore di strada, guardando i “Musici Ambulanti”, percepisce l’umana miseria che spesso offre la vita e che meglio di qualunque narrazione caratterizza un episodio umano.
Foto di: Chiara D’Alfonso