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Smart working post covid: un fallimento a trazione meridionale?

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Photo: Generate AI
“E’ PER COLPA VOSTRA (VOI DEL SUD ndr) CHE LE AZIENDE RIDUCONO O ANNULLANO LO SMART WORKING”

Questa è la classica espressione intrisa di ignoranza, frustrazione e invidia che molti ragazzi/e “meridionali” si sentono dire spesso sul luogo di lavoro. Ogni volta che si prova a rispondere, con non poca fatica, cercando di capire il nesso negativo tra lo smart working al Nord e lo smart working al Sud ci  si sente rispondere:

“Voi andate a fare le vacanze!”, “Per colpa vostra (voi del Sud, ndr), le aziende riducono o annullano lo smart working,  purtroppo queste decisioni impattano negativamente anche su di noi (gente che vive al nord, ndr.).”

Fa strano pensare che nel 2024 esistano ancora pensieri così distorti; è difficile credere che la divisione Nord/Sud non sia ancora superata in favore di una visione unitaria del Paese. La particolarità di queste esternazioni sta nel fatto che provengono da persone con posizioni vicine all’area progressista, da cui nessuno si aspetterebbe simili affermazioni, dato il loro orientamento politico a favore di una maggiore inclusività.

Il popolo del Sud lotta incessantemente da anni per sopravvivere tra difficoltà di vita, lavoro e servizi, costretto a emigrare a causa di scelte politiche disastrose, ad abbandonare i propri cari, amici e i luoghi in cui sono nati e cresciuti, in cerca di stabilità economica altrove, mentre nutrono il sogno, forse irrealizzabile, di poter tornare un giorno nella loro terra natia.

Nonostante il Covid abbia cambiato radicalmente le nostre vite, il nostro modo di lavorare, superando il dogma del lavoro esclusivamente in presenza, ha trovato nuove opportunità. Questo cambiamento ha avuto effetti positivi sull’ambiente e sulla salute favorendo il ricongiungimento familiare, una soluzione efficace per vivere tra i due mondi: quello della famiglia d’origine e quello del lavoro, creando un equilibrio tra il desiderio di radici e le esigenze professionali.

Il lavoro agile durante e dopo la pandemia

Il periodo pandemico ha sconvolto profondamente le nostre vite e così spinti dal desiderio di riprendere il controllo e far finta che nulla di così drammatico stesse accadendo, abbiamo dedicato il nostro tempo alla ricerca di soluzioni innovative nella speranza di ritornare a una presunta normalità. I rigidi pilastri su cui si fonda il tradizionale concetto di lavoro in Italia iniziavano lentamente a sgretolarsi, lasciando spazio a nuove soluzioni flessibili.

Il lavoro agile ha dato la possibilità a milioni di persone di riorganizzare le proprie giornate, permettendo di dedicare più tempo alla famiglia, con un impatto positivo sulla qualità di vita. Sembrava quasi un cambiamento magico, destinato a durare nel tempo.

Eppure, ci siamo illusi. Dopo aver seminato morte e paura, la pandemia ha finalmente rallentato la sua corsa e si è portata via anche quel vento di cambiamento, lasciando dietro di sé il sogno del lavoro agile e dello smart working.

Si è così persa l’ennesima occasione di trasformare radicalmente il mondo del lavoro, abbracciando una maggiore flessibilità che avrebbe potuto giovare sia ai lavoratori che alle imprese tornando a un’idea obsoleta quella del “lavoro in presenza” come sinonimo di efficienza.

Oltre al lavoro agile la perdita dell’unità Nazionale

La pandemia che inizialmente sembrava averci uniti, ha rivelato essere solo un’illusione di coesione sociale. Anche su questo fronte, il periodo post-pandemico è stato disastroso, con il virus dell’ignoranza che ha ripreso a diffondersi, trovando terreno fertile nelle nostra pochezza mentale.

Oggi più che mai, è evidente che la lotta per l’unità nazionale non è solo una questione politica, ma anche sociale. La politica spesso viene utilizzata come rifugio sicuro dove le nostre contraddizioni e distorsioni mentali trovano giustificazione dimenticando che, oltre al mondo politico, siamo noi gli attori principali di quel tessuto sociale di cui noi ne siamo parte integrante. È tempo di riconoscere che abbiamo sprecato un’opportunità fondamentale per costruire un futuro condiviso.

Senza un cambiamento radicale del nostro modo di pensare, nell’ ottica di una visione unitaria, rischiamo di condannarci e rimanere divisi, isolati come nazione e come popolo.

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Giuseppe Candido classe 1990 laureato in Giurisprudenza, appassionato di tecnologia e fotografia e fondatore di Flyde.it
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